martedì 6 luglio 2021

Capitolo 3 : Ingrato

Urla di dolore rimbalzavano in quella camera di mattoni illuminata di un rosso vermiglio. Un uomo, completamente nudo, era sdraiato sul terreno con le braccia e le gambe aperte. Egli, posizionato sopra un simbolo demoniaco disegnato sul pavimento con il sangue, piangeva e supplicava di non essere ucciso. Non poteva muoversi. Non poteva scappare.
Cinque individui, con maschere bianche e abiti sacerdotali neri, mormoravano delle preghiere in una lingua sconosciuta all’uomo.
Per ogni verso della preghiera che veniva completato il simbolo si illuminava e il corpo di quel povero uomo veniva attraversato da forti scariche di dolore.
Giunse Valentus Polaris.
Egli si avvicinò ad un tavolo dal quale prese un vecchio tomo che sfogliò un paio di volte. Prese un candelabro di bronzo; accese tutte e tre le candele e allora le preghiere si conclusero. I sacerdoti ruppero il cerchio che avevano formato attorno all’uomo e lasciarono passare Valentus; egli appoggiò il candelabro vicino alla testa del prigioniero.
«Il momento è giunto» disse Valentus con un tono trionfale. «Questa notte faremo nascere Rahav il Conquistatore. È tutto pronto.»
«Vi … prego … abbiate pietà di me …» piagnucolò quella povera vittima. «Non ho fatto niente …»
Valentus trattò le parole di quell’uomo come le opinioni di una formica. Non degnò quel prigioniero neanche di uno sguardo. Senza rabbia e nemmeno odio, procedette a compiere il rituale.
Alzando le mani, Valentus esclamò con voce soave:
«Ata nunfaan paradon, paradon nunfaan kos, kos ista un’haan milata. Kos istansul olgan dalakai. Kos istansul orfan dalakai. Dalaka! Edunaan ista Rahav Gorai! Dalaka! Ilaan olgan!»
Le urla di sofferenza del prigioniero si fecero sempre più forti. Il petto di lui si gonfiò. Le ossa del suo torace si stavano spaccando una dopo l’altra; dalla bocca sgorgava sangue e intanto il corpo si dimenava violentemente. Le urla cessarono. In un istante il petto dell’uomo si aprì e fuoriuscì questa figura di sangue anonima che poco alla volta ottenne la forma di un mostro per metà cavallo.
Valentus, con tono soddisfatto, asserì, rivolgendosi ai suoi compagni:
«Signore e signori … vi presento Rahav il Conquistatore, uno dei più grandi condottieri demoniaci del Caos.»

L’energia sprigionata da questo terribile rituale terrorizzò la fauna del Bosco delle Ninfe … persino Immanuel percepì qualcosa di anomalo. Un brivido di freddo percorse il suo corpo e sentì l’aria mancare per qualche secondo. Il suo primo pensiero fu: “Devo muovermi!”.
Corse imprudentemente nel bosco e mise un piede in una buca. Cadde dentro una voragine e finì all’interno di un’immensa grotta. Sbatté contro una parete di roccia … poi contro un’altra e alla fine atterrò in uno stagno d’acqua. Per fortuna aveva protetto la testa.
Immanuel si alzò con difficoltà, le braccia e il corpo erano doloranti e forti crampi gli impedirono di abbandonare subito l’acqua. Prese respiro e alzò il capo; fece una stima mentale della distanza percorsa in caduta … forse erano dieci metri o venti, non ne era sicuro ma sapeva di non poter risalire la parete di roccia.
Si guardò attorno. Il buio profondo nascondeva sotto il suo mantello l’identità di quella caverna. Immanuel imprecò qualche volta prima di abbandonare l’acqua e di riordinare le idee.
L’uomo si rialzò e senza esitazione si avventurò nella grotta.
Camminò per trenta minuti buoni senza incontrare niente e nessuno. La strada era tortuosa, ricca di ostacoli e abitata da topi, ragni e anche serpenti, ma Immanuel non si fermò. Procedette senza sosta nell’oscurità.
Un ruggito demoniaco risuonò nella grotta. Immanuel si fermò. Strinse i pugni. Si preparò al peggio. Senza paura riprese a camminare, conscio che se il pericolo fosse stato presente sicuramente non si sarebbe fatto attendere.
L’uomo si avventurò in cinque minuti di puro silenzio.
Immanuel di BikoWolf
Smise di camminare.
Non era normale quella quiete. Immanuel chiuse gli occhi per concentrarsi solo sull’udito. I suoi occhi erano inutili mentre le sue orecchie erano più che essenziali. Percepì dei rumori che venivano da lontano; si stavano avvicinando a lui. Non poteva sbagliarsi: erano strepiti di zoccoli. Probabilmente tre o quattro Pale-Lilin lo stavano cercando; avevano sentito il suo odore e gli stavano dando la caccia.
Immanuel aprì gli occhi. Riprese a camminare.
Al quarto passo il silenzio venne infranto. Una bestia saltò fuori dall’oscurità e con gli artigli tentò di strappare la faccia a Immanuel; l’uomo si abbassò e quando ebbe il demone alle sue spalle, si girò per iniziare a combattere.
Ma un altro Pale-Lilin arrivò e aggredì Immanuel alla schiena. Gli artigli ferirono l’uomo, ma lui non permise a sé stesso di cedere al dolore. Contrattaccò senza esitazione.
«An Sich
Il pugno avvolto dall’energia celeste fece esplodere il demone. L’altro Pale-Lilin, che si trovava davanti a Immanuel, stava per essere aiutato da un secondo ed un terzo. L’uomo sapeva che affrontarli tutti sarebbe stato un suicidio. Si toccò il petto ed esclamò:
«Anschauung!»
Il suo corpo venne avvolto da un’energia azzurra. I demoni, prima aggressivi, si fermarono. Erano come persi. Non riuscivano più a percepire Immanuel.
L’uomo sapeva di avere a disposizione solo trenta secondi e quindi si avvicinò ai due Pale-Lilin che erano appena arrivati.
Nessuno poteva vederlo, nessuno poteva sentire il suo odore o percepire i suoni dei suoi passi. Immanuel era completamente sparito dalla prospettiva dei demoni; questi non sapevano che egli in realtà si stava preparando ad eliminarli tutti con una mossa decisiva.
Immanuel aveva bisogno di essere ad almeno un metro dai demoni per poterli bloccare con la sua Magia. Al momento giusto egli esclamò:
«Begrenzung!»
Un cerchio magico di color cobalto circondò Immanuel ed anche i due Pale-Lilin. Il terzo demone, quando vide Immanuel comparire, si lanciò contro di lui ... ma facendo così cadde sotto l’effetto di quella Magia e venne paralizzato.
«Bella partita, demoni … ma il gioco è finito. An Sich - Totalität!»
L’uomo colpì il cerchio magico con il pugno. Tutte le creature che erano state paralizzate esplosero. Nel giro di qualche secondo, di tre demoni erano rimasti solo pezzi di carne e pozze di sangue.
Nonostante la vittoria, Immanuel non si sentì bene; l’uso di quattro Magie lo aveva stancato. I forti dolori alla testa, simili a nevralgie, lo stavano mettendo in allerta. L’unico modo per evitare un peggioramento dei sintomi era evitare di usare altre Magie.
L’uomo vagò senza una chiara meta, ma il suo cammino venne bruscamente interrotto da dei giramenti di testa. Si dovette fermare. Si sedette su una roccia e si massaggiò le tempie tenendo gli occhi chiusi. La nevralgia si fece un po’ più forte ma poi scemò e infine scomparve.
«Così non andrà via» disse una voce femminile.
Immanuel si girò e rimase scioccato nell’apprendere che c’era qualcun altro lì con lui. Si trattava di una ragazza pallida con due occhi di color sangue e i capelli neri. All’apparenza poteva sembrare una bambina ma Immanuel capì subito che la persona che aveva davanti non era neanche umana.
Con un modo di fare ostile, l’uomo si alzò ed esclamò:
«Credevi di ingannarmi, vampira?!»
«Ahah! Se credi che io voglia farti del male, allora sei sulla strada sbagliata. Non ho intenzione di combatterti.»
«Dammi una ragione per crederti, vampira. Quelli come te servono i demoni, non siete amici degli umani.»
«Vuoi una ragione per credermi, băiat?» (Nota: băiat = ragazzo in rumeno)
La ragazza raccolse una pietra delle dimensioni di una mano. La passò a Immanuel e cordialmente gli fece una richiesta:
«Riesci a romperla?»
Lui neanche ci provò e, lanciandola ai piedi della ragazza, esclamò bruscamente:
«Vai al diavolo. Non ho intenzione di stare ai tuoi giochi.»
La ragazza, senza replicare, raccolse il sasso e, con una sola mano, lo sgretolò. Immanuel non mosse un muscolo.
«Stai cercando di minacciarmi?» domandò lui.
«Sto chiarendo le nostre differenze. Per come sei ridotto adesso, non sei una minaccia per me. Sei debole, stanco e al buio. Sei in totale svantaggio contro di me, băiat. Se io avessi voluto ucciderti, lo avrei già fatto» spiegò lei.
Non poté contraddirla. Aveva ragione.
«Allora che cosa vuoi, ragazzina?»
«Non sono una ragazzina» disse infastidita. «Il mio nome è Morgana. Morgana Crowley. Tu invece come ti chiami, băiat?»
«Immanuel.»
«Cognome?»
Lui alzò il dito medio in risposta. Le guance di lei si gonfiarono dalla rabbia.
«Per tua informazione, băiat, io ti sto tenendo in vita per compassione. Dovresti ringraziarmi mostrandomi un po’ più di gentilezza.»
«Ti prometto che quando tornerò in forze ti darò una morte veloce» disse lui.
«Non farmi pentire di averti salvato, non ti conviene.»
«Non so neanche perché lo hai fatto. Da quello che so potresti anche essere la serva di qualche demone … o di Valentus Polaris.»
All’udire quel nome le sopracciglia di Morgana si inarcarono. Con un tono conciliante domandò:
«Come fai a conoscere quel nome
«Quindi avevo ragione. Tu lavori per lui.»
«No, no! Ti sbagli. Hai completamente sbagliato» esclamò lei scuotendo la testa. «Lui mi sta dando la caccia.»
«Perché?» indagò.
«Beh, è complicato. Mm … quanto sai del Caos?»
«So quello che mi serve sapere: è una dimensione infernale, la culla di tutti i demoni.»
«Non hai torto … ma non è così semplice» corresse lei. Morgana si sedette dirimpetto a Immanuel e spiegò: «Il Caos, come lo chiamiamo noi, è, di fatto, un impero. I demoni lo chiamano “Sheolydaar” che si traduce in “Impero di Sheol”. Esso non è tanto diverso da quegli imperi che hanno plasmato la storia dell’umanità, l’unica differenza è che esso è destinato ad essere eterno
«Ne parli come se fosse una certezza» commentò lui beffardo.
«L’impero venne istituito centinaia di migliaia di anni fa da Sheol. Lei regna su ogni demone da centinaia di migliaia di anni. Fu lei a plasmare la realtà del Caos regalando ad alcuni demoni specifici titoli nobiliari assieme a poteri particolari. Maggiore è il titolo nobiliare maggiori saranno i poteri. In questo modo,Sheol, si guadagnò la lealtà della maggioranza dei demoni.» Fece una breve pausa. «I demoni ribelli andavano, invece, incontro alla morte certa. Con i suoi poteri conquistò interi pianeti in meno di un secolo. Sheol ha sottomesso chiunque. Tutto il Caos è nelle mani di Sheol.»
«Questo però non risponde alla mia domanda» disse Immanuel infastidito.
«Come saprai già, băiat, noi vampiri serviamo i demoni. Ma non serviamo demoni qualsiasi. Noi facciamo giuramenti di fedeltà a Principi Infernali e Re Infernali. Ogni volta che questi abbandonano il Caos per raggiungere la Torre, noi vampiri siamo obbligati a servirli fino alla morte. Ma la nostra fortuna è che non possono comandarci se sono nel Caos.»
«Però adesso le cose stanno cambiando, non è così?»
L’acume di Immanuel sorprese Morgana.
«Sì» rispose lei «è così.» Poi aggiunse: «C’era una sorta di equilibrio, all’inizio. L’unico modo che avevano i demoni per raggiungere la Torre era attraverso l’Albero del Caos … ma l’Albero cresce una volta ogni cento anni. Quindi questo significava, prima, che i vampiri erano costretti a servire i demoni solo all’arrivo dell’Albero del Caos.»
«Ma adesso i demoni hanno trovato un altro modo per raggiungere la Torre.»
«No, ti sbagli» disse lei. «Non sono i demoni ad aver trovato il modo. La colpa è della Confraternita di Polaris. Stiamo parlando di sacerdoti esperti nell’arte proibita della demonomanzia, essi sono stati adunati da Valentus Polaris e praticano dei rituali per evocare i demoni.»
«Figlio di una megera» borbottò Immanuel. «Senti, ragazzina, cos’altro sai? Hai mai sentito parlare di una certa Atalya?»
«Chi?»
«Lascia perdere. Nessuno di importante.» Immanuel abbandonò la roccia ma prima di andarsene porse un’ultima domanda a Morgana: «Hai mai sentito parlare di un demone chiamato Hush de Void?»
«No, mai sentita nominare.»
«Capisco … beh, grazie.»
Immanuel riprese il suo cammino ma Morgana gli bloccò la strada.
«Dove credi andare in quelle condizioni?» protestò lei.
«Spostati, ragazzina» disse Immanuel freddamente.
«Non sono una ragazzina! Sono matura!» esclamò calpestando il piede dell’uomo.
«Ahia! Piccola impertinente-!»
Immanuel tentò di colpire Morgana ma la ragazza schivò agilmente il pugno e, con una velocità sovraumana, contrattaccò con un calcio che fece volare l’uomo contro la parete di roccia.
«Forse non ti è ben chiaro, băiat, che sei debole. Non riuscirai mai a sconfiggere Valentus in quelle condizioni.»
«Ho soltanto bisogno di riposare» asserì lui rialzandosi affannosamente.
«Vieni con me» disse sospirando.
«Cosa-?»
«Vieni con me!» ripeté stizzita.

Morgana portò Immanuel fuori dalla caverna. Attraversando il Bosco delle Ninfe, l’uomo si rese conto che si stavano allontanando da Valentus Polaris. Egli protestò ma lei lo ignorò e lo condusse dinnanzi a questo immenso albero dal tronco che poteva avere un diametro di una quindicina di metri. Immanuel riconobbe subito quel gigante di legno; attorno all’albero si apriva un grande lago di un color ciano che emanava una luce propria.
«Lo conosci?» domandò Morgana.
«Sì, è una fonte di ápeiron. L’abbiamo usata, io e i miei compagni d’arme, durante la Guerra della Breccia.» Fece una breve pausa. «Serve per ripristinare la Forza Odica.»
«Esatto.»
Ápeiron, l’elemento primordiale alla base di ogni cosa. Una materia indeterminata, indefinita e infinita. Ciò che vedeva Immanuel non era ápeiron puro, altrimenti non avrebbe potuto percepirlo in nessun modo; quello che stava vedendo era una sintesi dell’ápeiron prodotta dall’immenso albero.
Immanuel sapeva, attraverso gli insegnamenti ricevuti quand’era un pargolo, che gli alberi come quello venivano chiamati Ancore; questi, attraverso la Radice, accumulavano l’ápeiron e, tramite i frutti che cadevano dai rami, formavano questi laghi splendenti.
Il liquido non era altro che il risultato di una trasformazione dell’ápeiron che era avvenuta all’interno dell’Ancora.
Morgana di BikoWolf
Immanuel sapeva già cosa fare. Si tolse i vestiti e, una volta nudo, si immerse nell’acqua.
Quell’acqua splendente non era né troppo calda e nemmeno troppo fredda; non bagnava e non era abitata da alcuna creatura.
L’uomo sentì i dolori svanire, la mente si stava rilassando e le ferite si stavano rimarginando. Galleggiare in quelle acque gli dava una sensazione di beatitudine.
Nel giro di una decina di minuti, l’uomo abbandonò il lago; sul suo corpo rinvigorito non erano rimaste né cicatrici né tracce di sporco.
Morgana, che si era accomodata sulla riva, porse gli abiti a Immanuel e, con lo sguardo, esigette un ringraziamento. Il silenzio di lui venne punito con un dispetto: la ragazza si rifiutò di consegnare gli abiti e si allontanò da Immanuel.
«Cosa stai facendo?!» protestò lui infastidito.
«Dopo tutto quello che ho fatto per te, mi merito un ringraziamento come minimo. Non ti chiederò di scusarti per prima, anche se dovresti, ma pretendo della gratitudine.» Esibì i vestiti e li fece dondolare, poi aggiunse: «Altrimenti mi sa che dovrai affrontare Valentus senza questi
«Non credi di essere un po’ immatura?»
«Come osi?!» tuonò lei a voce alta. «Sarei io quella “immatura”? Sei tu quello che non riesce neanche a mostrare un minimo di gratitudine per la persona che ti ha aiutato
«Oh, avanti! Non fingere di essere una brava persona!» esclamò lui. «Lo sappiamo entrambi che voi vampiri non siete mai stati alleati dell’umanità. Siete creature malvagie, prive di dignità e di rispetto per coloro che vi circondano. Siete creature egoiste, siete manipolatori, serpenti a sonagli nonché mostri assettati di sangue! Scommetto quello che vuoi che tu non sei altro che la cagna di qualche Re Infernale!»
Ci fu un momento di silenzio.
Lei sbarrò gli occhi dallo shock. Non disse niente. Le sue sopracciglia si aggrottarono, i suoi occhi si tinsero di puro odio … ma anche di tristezza.
Morgana lasciò cadere gli abiti a terra. Voltò le spalle a Immanuel.
«Addio» mormorò con rancore.
La ragazza corse nel bosco.
Immanuel, rimasto da solo, si avvicinò a quegli abiti e ripensò a quell’espressione che si era dipinta sul volto di Morgana. Un forte senso di colpa pugnalò il suo cuore. Sentì di avere esagerato e di essersi comportato come un zotico.
Dopo essersi rivestito, Immanuel si avventurò nel Bosco delle Ninfe per cercare Morgana e farsi perdonare.
Nel bel mezzo della ricerca, Immanuel avvertì una strana presenza. C’era odore di demone dell’aria. Sentendo il rumore di zoccoli provenire dalla boscaglia, si preparò ad affrontare un Pale-Lilin, ma poi, con sua sorpresa, vide sbucare questo demone di almeno quattro metri. Un mostro per metà cavallo, con un volto deformato e con una chioma violacea. Il demone brandiva in una mano una possente ascia da guerra e nell’altra stringeva per la gola Morgana.
La ragazza venne lanciata contro un albero.
Immanuel, immediatamente, raggiunse la vampira per assicurarsi che stesse bene. Lei aprì gli occhi e, debolmente, domandò:
«Cosa … ci fai qui?»
«Sono qui per aiutarti …»
Lei pianse.
«Devi andartene, băiat … questo demone non è come gli altri …»
«Staremo a vedere» esclamò con una voce che traboccava di sicurezza.
Immanuel, quindi, si voltò verso quell’orribile creatura e, correndo verso di lui, sferrò il suo colpo:
«An Sich!»
Sarebbe bastato quel singolo pugno per finire il combattimento. Un pugno e il demone sarebbe morto.

«Rückblende.» Due fauci, al centro del volto del demone, si erano aperte per emettere quelle tetre parole.
La creatura scomparve, come uno spettro, lasciando di sé un’immagine trasparente. Immanuel colpì quel fantasma ma non accadde niente.
Nel giro di pochi secondi, si sentì un boato e quell’immagine del demone, che era rimasta immobile, iniziò a contorcersi … a dilatarsi … ad allungarsi … e poi, in un battito di ciglia, il demone tornò alla sua esatta posizione di prima e non era più trasparente come un fantasma.
Il demone, con la sua ascia, menò un fendente che tagliò la pancia di Immanuel. L’uomo emise un grido di dolore e cadde a terra sanguinante.
«Pensavi davvero di essere più forte di me, Guardiano?» domandò quella voce cupa e mostruosa.
Morgana tentò di avvicinarsi a Immanuel per aiutarlo ma venne immediatamente colpita dai pesanti zoccoli del demone.
«Di te mi occuperò dopo, vampira. Sarò lieto di divorare la tua anima nel nome di Sheol. Ma prima mi occuperò del tuo nuovo amico …» Colpì Immanuel con una zoccolata. «Cosa succede, mortale? Dov’è finito il coraggio che avevi poco fa? Ti sei reso conto di essere un folle?»
«Chi … sei … tu?» domandò Immanuel con le poche energie che gli rimanevano.
«Non lo sai? Ebbene lascia che mi introduca: io sono il comandante di dieci legioni demoniache, sono il condottiero che guidò l’avanzata su Alkiesh nel Quarto Secolo di Sheol e che mise a ferro e fuoco decine dei vostri insediamenti durante la Guerra della Breccia. Io sono il Barone Infernale Rahav il Conquistatore.»