“Lo stato di pace tra gli uomini, che vivono gli uni a fianco degli altri, non è uno stato naturale, il quale è piuttosto uno stato di guerra.”
(I.Kant, Per la pace perpetua)
(I.Kant, Per la pace perpetua)
Scoppiò uno sparo. L’eco rimbalzò in quella stanza dalla forma ovoidale. Il continuo suono di una sirena, in lontananza, abbracciava la rossa luce che tingeva l’intera camera. Due figure maschili. Un uomo vestito come se fosse appena uscito dal carnevale veneziano, l’altro indossava un cappotto marrone, con decorazioni dorate, assieme a dei pantaloni di un blu scuro.
Il primo, con il volto coperto da una bauta, brandiva una Glock 17 con la canna ancora fumante. Il secondo uomo era piegato a terra con la mano che premeva sul fianco destro; il sangue stava scavalcando le dita e zampilli macchiavano il pavimento.
«Hai perso» disse l’uomo mascherato. «Hai tentato di fermarmi, ma sei stato sconfitto. Posso quasi toccare la tua frustrazione. Ammetto di starmi gustando questo momento.» Fece una breve pausa accompagnata da un calcio diretto alla faccia dell’uomo. «Perdonami, ma non riesco a tollerare quel tuo brutto muso. Mi hai dato del filo da torcere e ammetto di avere avuto … paura. Non ho mai provato terrore dinnanzi alla morte, ma tu eri quasi riuscito a spaventarmi e ti faccio i complimenti. La tua è stata un’impresa che nessuno era mai riuscito a compiere.»
L’uomo ferito tentò di rialzarsi. Dalla bocca emetteva costanti gemiti di dolore; con le mani si aggrappò alle gambe del tizio mascherato.
«Continui a lottare?» Lo colpì in testa con un pugno. «Sei davvero tenace, te lo riconosco. Ma l’ostinazione, da sola, è come un fuoco senza ossigeno. Tu, come la fiamma, soffocherai e ti spegnerai.» Lo colpì nuovamente, stavolta sulla fronte. «Vederti strisciare a terra come il bruco che sei è una vera gioia per gli occhi, sai?»
Una porta d’acciaio si aprì. Una donna, in divisa militare, spalancò i suoi occhi ambrati alla vista di quell’uomo ferito. In quello sguardo c’era una genuina sorpresa. Mormorò delle parole incomprensibili e poi si rivolse al tizio mascherato:
«Dobbiamo andare, signore. Agares e Vassago ci stanno aspettando.»
«Grazie, Amber» disse lui cordialmente. «Dunque,» si rivolse al ferito «questo è un addio, mia nemesi. È stato divertente questo gioco ... finché è durato.»
Partì un altro sparo. L’uomo cadde a terra con un buco sulla testa.
«Andiamo, Amber, abbiamo un fuoco da spegnere» fece lui mettendo via l’arma.
«Sì, signore.»
I due abbandonarono la stanza.
Da una coperta di tenebra emerse un suono, l’eco di una voce femminile. Nell’oscurità si disegnò l’immagine di un trono di cera illuminato da fiamme verdi. Il trono, sulla sommità di una scalinata di libri e pergamene, era occupato da questa figura mascherata che indossava un saio nero.
La figura, con trecce bianche e la pelle pallida, fece un movimento con la mano e un libro si materializzò sul palmo. Sfogliò le pagine e, abbassando leggermente gli occhiali da vista, accolse l’uomo che si trovava sdraiato su quel pavimento fatto di carbone:
«Benvenuto nell’oltretomba, Immanuel. Io sono Hush. Hush de Void» si presentò garbatamente.
«Dove … dove sono?» domandò lui confuso.
Nell'aria non c'erano odori di nessun tipo; il nero più scuro e silenzioso abbracciava quel luogo sconosciuto.
«Oltretomba.» ripeté stizzita. «Sei nel mondo dei morti o, per essere più precisi, sei nell’Anticamera della Non-Vita» disse lei. «In questo posto deciderò se andrai nei Giardini Dorati, nei Campi di Cenere oppure se sparirai nell’Abisso. Per evitarti inutili dolori, credo che sia doveroso informarti che qui sono io che comando. Se fai qualcosa che mi irrita, io posso gettarti direttamente nell’Abisso e impedire la tua futura rinascita. Spero di essere stata chiara-»
«Rinascita?» fece lui inarcando le sopracciglia.
«Sì. Una volta che vieni mandato nei Giardini Dorati o nei Campi di Cenere, passi il corrispettivo umano di un secolo nell’oltretomba per poi rinascere. Se vieni mandato nei Giardini Dorati, rinascerai con tutte le memorie della tua vita precedente intatte. Se, invece, vieni mandato nei Campi di Cenere, non ricorderai nulla della tua vita precedente. Tuttavia c’è la terza possibilità: l’Abisso» spiegò lei.
«No!» esclamò Immanuel adirato. «Non posso aspettare un secolo! Devo fermare Galorian adesso! Se riuscirà a raggiungere la sommità della Torre, spegnerà il Sacro Fuoco!»
«Questo non è un mio problema» rispose lei freddamente. «Se il Sacro Fuoco venisse spento, l’umanità perderebbe la facoltà della ragione. L’intero genere umano finirebbe per assomigliare alle bestie delle foreste, delle montagne, degli oceani e delle caverne. L’istinto diventerebbe l’unica guida dell’azione umana.» Fece una breve pausa. «Ma questo, a me, non interessa. Voialtri siete solo pedine in un gioco ideato dai Sette Divini e Sheol. La preservazione o la distruzione del Sacro Fuoco non mi preoccupa minimamente.»
«Ma …!»
«Ci tieni davvero così tanto ad adempiere al tuo dovere?» domandò con una voce gelida.
Lui non rispose immediatamente. La memoria dell’umiliazione subita, prima della sua dipartita, gli stava annebbiando i pensieri. Ogni fibra del suo corpo, mossa dal furore, era stimolata solo dall’idea di poter affrontare Galorian un’altra volta.
Hush, intanto, continuava a sfogliare il libro che aveva per le mani.
«Oh, ma guarda …» fece lei con una voce stupita. «A quanto pare tu e Galorian siete nemici da molto tempo. Tutto è iniziato con la morte di tuo fratello, ho ragione? Un tale Wilhelm. In effetti ho conosciuto un uomo con quel nome. Un caro ragazzo.»
Gli occhi di Immanuel si spalancarono dallo sconcerto.
«Dov’è? Dov’è mio fratello?»
«Non te lo dirò, Immanuel. Queste informazioni non ti riguardano.»
«Voglio soltanto sapere se è-»
«Tu non hai il diritto di sapere niente, Immanuel» fece lei freddamente. «Solo io so dove si trova, e solo io necessito di saperlo. Stai al tuo posto, pedina.»
«Non chiamarmi così!» urlò lui furibondo.
Hush mosse di poco le dita e Immanuel venne catapultato a terra. Il suo corpo soffrì come se fosse stato colpito da un camion. Nessuna ferita apparve sul suo corpo. Anche se dolorante, Immanuel si rialzò ed avanzò verso la scalinata. La forza invisibile che lo aveva attaccato gli bloccò le gambe.
Hush, dopo aver tirato un sospiro innervosito, mise da parte il libro, per un momento, e disse all’uomo:
«Forse non hai capito quello che ho detto prima, quindi lascia che te lo ripeta: tu non hai nessun potere qui. Sei nel mio mondo e io, qui, sono la legge. Spero di essere stata chiara, stavolta.»
Immanuel non accettò di essere trattato in quel modo. Tentò di muovere le gambe … ma era inutile. Qualsiasi cosa lo stesse paralizzando, era davvero efficace.
«Hai compreso la tua situazione, adesso?» domandò lei.
«Sì … ho capito» fece lui arrendevolmente.
La forza che immobilizzava Immanuel scomparve.
«Bene» disse lei compiaciuta. «Torniamo alla tua anima.» Sfogliò il libro. «Dunque, Immanuel, mi sembra di capire che tu e Galorian avete una rivalità che trascende i vostri ruoli di pedine. Ma a quanto pare ha vinto lui, alla fine.»
«Mi ha teso una trappola, ecco tutto» spiegò infastidito. «Se non avesse usato quei trucchi per bloccare i miei poteri, lo avrei ammazzato senza problemi.»
«Oh, e come fai a dirlo con così tanta sicurezza?»
«Perché io so uccidere. È la cosa che so fare meglio.»
«Ma davvero? Controlliamo.» Passò in rivista ogni pagina del libro ad una velocità disumana; nel giro di pochi secondi, il libro venne chiuso. «Bene,» esordì lei con un tono soddisfatto «a quanto pare non menti. Mm … forse posso fare un’eccezione per te.»
«Davvero?» fece lui con una rinnovata speranza.
«Mi servirebbe una persona con il tuo talento.»
«In che senso?» chiese inquieto.
Hush fece scomparire il libro. Con movenze pacate, la donna, abbandonò il trono e scese la scalinata.
«Carissimo Immanuel, ho una missione per te e mi aspetto che tu la porti a termine prima di uccidere Galorian.»
«Perché dovrei farlo?»
«Oltretomba.» ripeté stizzita. «Sei nel mondo dei morti o, per essere più precisi, sei nell’Anticamera della Non-Vita» disse lei. «In questo posto deciderò se andrai nei Giardini Dorati, nei Campi di Cenere oppure se sparirai nell’Abisso. Per evitarti inutili dolori, credo che sia doveroso informarti che qui sono io che comando. Se fai qualcosa che mi irrita, io posso gettarti direttamente nell’Abisso e impedire la tua futura rinascita. Spero di essere stata chiara-»
«Rinascita?» fece lui inarcando le sopracciglia.
«Sì. Una volta che vieni mandato nei Giardini Dorati o nei Campi di Cenere, passi il corrispettivo umano di un secolo nell’oltretomba per poi rinascere. Se vieni mandato nei Giardini Dorati, rinascerai con tutte le memorie della tua vita precedente intatte. Se, invece, vieni mandato nei Campi di Cenere, non ricorderai nulla della tua vita precedente. Tuttavia c’è la terza possibilità: l’Abisso» spiegò lei.
«No!» esclamò Immanuel adirato. «Non posso aspettare un secolo! Devo fermare Galorian adesso! Se riuscirà a raggiungere la sommità della Torre, spegnerà il Sacro Fuoco!»
«Questo non è un mio problema» rispose lei freddamente. «Se il Sacro Fuoco venisse spento, l’umanità perderebbe la facoltà della ragione. L’intero genere umano finirebbe per assomigliare alle bestie delle foreste, delle montagne, degli oceani e delle caverne. L’istinto diventerebbe l’unica guida dell’azione umana.» Fece una breve pausa. «Ma questo, a me, non interessa. Voialtri siete solo pedine in un gioco ideato dai Sette Divini e Sheol. La preservazione o la distruzione del Sacro Fuoco non mi preoccupa minimamente.»
«Ma …!»
«Ci tieni davvero così tanto ad adempiere al tuo dovere?» domandò con una voce gelida.
Lui non rispose immediatamente. La memoria dell’umiliazione subita, prima della sua dipartita, gli stava annebbiando i pensieri. Ogni fibra del suo corpo, mossa dal furore, era stimolata solo dall’idea di poter affrontare Galorian un’altra volta.
Hush, intanto, continuava a sfogliare il libro che aveva per le mani.
«Oh, ma guarda …» fece lei con una voce stupita. «A quanto pare tu e Galorian siete nemici da molto tempo. Tutto è iniziato con la morte di tuo fratello, ho ragione? Un tale Wilhelm. In effetti ho conosciuto un uomo con quel nome. Un caro ragazzo.»
Gli occhi di Immanuel si spalancarono dallo sconcerto.
«Dov’è? Dov’è mio fratello?»
«Non te lo dirò, Immanuel. Queste informazioni non ti riguardano.»
«Voglio soltanto sapere se è-»
«Tu non hai il diritto di sapere niente, Immanuel» fece lei freddamente. «Solo io so dove si trova, e solo io necessito di saperlo. Stai al tuo posto, pedina.»
«Non chiamarmi così!» urlò lui furibondo.
Hush mosse di poco le dita e Immanuel venne catapultato a terra. Il suo corpo soffrì come se fosse stato colpito da un camion. Nessuna ferita apparve sul suo corpo. Anche se dolorante, Immanuel si rialzò ed avanzò verso la scalinata. La forza invisibile che lo aveva attaccato gli bloccò le gambe.
Hush, dopo aver tirato un sospiro innervosito, mise da parte il libro, per un momento, e disse all’uomo:
«Forse non hai capito quello che ho detto prima, quindi lascia che te lo ripeta: tu non hai nessun potere qui. Sei nel mio mondo e io, qui, sono la legge. Spero di essere stata chiara, stavolta.»
Immanuel non accettò di essere trattato in quel modo. Tentò di muovere le gambe … ma era inutile. Qualsiasi cosa lo stesse paralizzando, era davvero efficace.
«Hai compreso la tua situazione, adesso?» domandò lei.
«Sì … ho capito» fece lui arrendevolmente.
La forza che immobilizzava Immanuel scomparve.
«Bene» disse lei compiaciuta. «Torniamo alla tua anima.» Sfogliò il libro. «Dunque, Immanuel, mi sembra di capire che tu e Galorian avete una rivalità che trascende i vostri ruoli di pedine. Ma a quanto pare ha vinto lui, alla fine.»
«Mi ha teso una trappola, ecco tutto» spiegò infastidito. «Se non avesse usato quei trucchi per bloccare i miei poteri, lo avrei ammazzato senza problemi.»
«Oh, e come fai a dirlo con così tanta sicurezza?»
«Perché io so uccidere. È la cosa che so fare meglio.»
«Ma davvero? Controlliamo.» Passò in rivista ogni pagina del libro ad una velocità disumana; nel giro di pochi secondi, il libro venne chiuso. «Bene,» esordì lei con un tono soddisfatto «a quanto pare non menti. Mm … forse posso fare un’eccezione per te.»
«Davvero?» fece lui con una rinnovata speranza.
«Mi servirebbe una persona con il tuo talento.»
«In che senso?» chiese inquieto.
Hush fece scomparire il libro. Con movenze pacate, la donna, abbandonò il trono e scese la scalinata.
«Carissimo Immanuel, ho una missione per te e mi aspetto che tu la porti a termine prima di uccidere Galorian.»
«Perché dovrei farlo?»
Hush de Void (BikoWolf) |
«Non puoi ucciderla tu?» domandò lui.
«Non posso entrare nel vostro mondo, se lo facessi sparirei all’istante. Sono costretta a questo posto, mentre tu no.»
«E perché è così importante questa Atalya?»
«Lo so io perché, tu non devi saperlo. Devi solo fare quello che ti ho detto. Uccidila e potrai fare tutto quello che vorrai nella tua nuova vita.»
Finite le scale i due si trovarono faccia a faccia. Hush era un po’ più bassa di Immanuel ma emanava un’energia terrificante.
«Però» iniziò lei «se tu dovessi decidere di dare la precedenza alla tua vendetta personale …»
Hush toccò con il dito il petto dell’uomo. Immanuel sentì il suo corpo rabbrividire, un forte calore si accese nel torace. L’uomo, per un attimo, ebbe come l’impressione di essere dilaniato dall’interno.
Cadde sulle ginocchia, ansimante e sudato.
«Cosa mi … hai fatto?!»
«Eheh, solo una precauzione» rispose lei. «Non posso entrare nel vostro mondo, ma posso sempre agire su di esso usando questi trucchi.» Si chinò. «Ora tu hai una bomba nel petto. Un ordigno magico che esploderà, se tu dovessi ignorare la missione affidata.»
«Cosa?!» esclamò terrorizzato.
«Suvvia, Immanuel, non guardarmi come se fossi un mostro. Voglio solo assicurarmi che tu faccia il tuo lavoro. Se ucciderai Atalya, la bomba nel tuo petto scomparirà e sarai libero.»
Diede due delicate sberle ad Immanuel e poi tornò sulle scale.
«Aspetta!» esclamò ancora scosso da quella terribile notizia. «Non puoi farmi questo! Posso occuparmi di lei in ogni momento-»
«Tu farai quello che ti dico, Immanuel. Sei una pedina … e le pedine eseguono gli ordini. Ucciderai Atalya e poi sarai libero.» Fece una pausa. «Ma, dal momento che sono una persona buona, ho deciso che la detonazione della bomba sarà preceduta da due segnali d’allarme» disse esibendo due dita.
«Quali?»
«Prima sentirai il tuo corpo riscaldarsi in modo anomalo, poi sentirai un atroce dolore al petto e, alla fine, bum. Addio Immanuel.»
L’uomo non aveva altra scelta che seguire gli ordini di Hush de Void. Cos’altro avrebbe potuto fare? Ovviamente la sola idea di mettere da parte la brama di vendetta lo irritava, ma non poteva rifiutare quell’offerta. Anche se palesemente ingiusta, era comunque l’unico biglietto d’uscita disponibile. Era la sua occasione per uccidere Galorian.
Con dell’amaro in bocca dovette pronunciare queste parole:
«Va bene, hai vinto tu. Farò quello che mi hai detto.»
«Sei una brava pedina, Immanuel.» Si accomodò sul trono. «Ti restituirò la vita, sii grato.»
«Aspetta, prima di farmi resuscitare … voglio sapere com’è fatta questa Atalya.»
«Qui viene la parte complicata» disse lei.
«Cosa significa? Non conosci la sua identità?» domandò sbigottito.
«Lei cambia identità. La sua faccia, il suo corpo … non sono mai gli stessi. Se vuoi trovarla dovrai iniziare le indagini partendo da un suo alleato: un certo Valentus Polaris.»
Fra le mani di Immanuel comparve la fotografia di quest’uomo biondo, con un pizzetto e gli occhi castani. Il suo volto era asciutto e aveva uno sguardo intelligente.
«Dove posso trovarlo?»
«Dovrai partire dal livello più basso della Torre» rispose lei. «Milawata è dove Valentus risiede da un paio di anni. Ti può bastare?»
«Me lo farò bastare …» borbottò stizzito.
«Bene. Buona rinascita, allora. Cerca di non morire di nuovo.»
Non appena Hush de Void schioccò le dita, Immanuel si sentì più leggero. La terra sotto i suoi piedi si aprì, egli cadde in una voragine. Aprì la bocca per urlare, ma nessun suono uscì.
Il buio calò nuovamente.